Il supermercato oggi è la più grande industria alimentare italiana, alimentando un gigantesco conflitto di interessi in cui a rimetterci sono i cittadini e l'ambiente.
Il supermercato oggi è la più grande industria alimentare italiana, alimentando un gigantesco conflitto di interessi in cui a rimetterci sono i cittadini e l'ambiente.
Seconda parte di una serie di tre post sui supermercati.
Qui la prima.
Consumatore catalogato
C'è il consumatore "pragmatico", quello che non perde tempo e va dritto al prodotto che interessa, guardando le caratteristiche di prodotto ed il prezzo. Secondo gli esperti ha una istruzione medio-bassa e guarda solo il prezzo. Oppure c'è il "cacciatore" che si aggira tra gli scaffali alla ricerca dell'offerta, pronto a cambiare marca e persino punto vendita per seguire il risparmio.Nella corsia accanto troviamo il "prudente", anche lui alla ricerca di offerte ma bisognoso comunque di rassicurazioni sul prodotto. Spostandosi nel Nord Italia compare l'"esperto" che analizza le etichette e le liste ingredienti e ha una istruzione medio-alta. Ed infine c'è il "brand-fan" che va alla ricerca della marca, senza badare al prezzo, perchè l'importante è essere appagati.
Non siamo nello studio di qualche psicologa ma a Marca, la grande fiera dei prodotti a marchio della grande distribuzione, che si tiene a Bologna ogni anno. Le varie tipologie dell'acquirente da supermercato sono uscite da una ricerca condotta dall’istituto Gfk per conto dell’Associazione della distribuzione moderna (Adm) sui “nuovi processi d’acquisto”.
La fiera rappresenta l'occasione per fare il punto sulla situazione del mercato, ma soprattutto per celebrare, ormai da alcuni anni, l'irresistibile ascesa dei prodotti col marchio del distributore, ossia il logo del supermercato, vero e proprio boom.
I prodotti "della casa"
I prodotti col marchio del distributore (Coop, Conad, Esselunga, Carrefour,....) sono sempre di più e sempre più venduti: pasta, biscotti, detersivi, gelati, latte e latticini. Accanto ai grandi brand i supermercato lanciano le loro linee che erodono progressivamente quote di mercato, arrivando in alcuni casi oltre il 25 per cento del totale.Il supermercato è di fatto diventato una industria alimentare, la più grande industria alimentare italiana.
La strategia appare chiara. All'epoca della sua nascita la private label (questo è il termine corretto) veniva utilizzata per prodotti di basso livello, economici, poveri anche nella confezione. Il target identificato era quello dei consumatori con scarso potere d'acquisto. Oggi la situazione è molto evoluta: sono comparse linee "premium" di qualità superiore e linee biologiche in grado di catturare l'attenzione di altre tipologie di clienti. Fior Fiore Coop, Sapori d'Italia Conad, Terre d'Italia di Carrefour sono veri e propri brand che negli scaffali vengono accostati a Barilla, Ferrero e Coca-Cola. Non interessa più solamente il cliente "pragmatico" ma si cerca di catturare anche il "brand-fan" e magari pure qualche "esperto".
La grande distribuzione si è ormai sostituita alla signora del negozio di alimentari sotto casa, che ti garantiva la qualità del prodotto.
Rispetto all’industria classica, la distribuzione gode di alcuni vantaggi incomparabili: non deve fare pubblicità sui prodotti né preoccuparsi dell’accesso al mercato. A differenza dei prodotti industriali, quelli a marca commerciale hanno un canale di vendita dedicato, già pronto, ovvero lo scaffale dello stesso supermercato che mette il marchio sul prodotto, con non pochi punti controversi.
Un gigantesco conflitto di interessi
La vendita di prodotti a proprio marchio non significa che i supermercati si sono messi a trasformare ed inscatolare gli alimenti. La marca del distributore è prodotta in appalto da altre aziende, spesso le stesse che espongono i propri marchi sugli scaffali, generando un mostruoso conflitto d'interessi.Il 92 per centro delle grandi aziende alimentari italiane produce sia a proprio marchio sia per i supermercati. Ma se diventi sub-appaltatore sarà la gdo a monte, e non più il consumatore, a fare le condizioni e a darti i "voti in pagella". Voti che saranno influenzati anche dal prezzo che sarai disposto a fargli.
Però sugli scaffali l'azienda alimentare deve mettere anche i propri prodotti, che troveranno la concorrenza dei private label che la stessa azienda ha prodotto. Si è creato un gigantesco conflitto di interessi in cui la grande distribuzione è colei che ordina il prodotto al fornitore, fa spesso il prezzo, espone il prodotto nei suoi scaffali accanto a quello privato del fornitore e decide quale dei due promuovere di più.
Tra i due non c'è partita.
Non dovendo pagare spese di marketing né le varie tipologie di contributi e sconti che normalmente la grande distribuzione chiede all’industria per fare entrare i prodotti nei suoi punti vendita (vedi parte prima), la private label ha solitamente un migliore rapporto qualità/prezzo.
La grande azienda ha perciò necessità di abbassare i costi. Perché l’industriale che vende al ribasso alla gdo, si rifarà sull’agricoltore e sul fornitore di materia prima. E quest’ultimo cercherà in tutti i modi di aumentare le rese, usando sementi più performanti, aumentando l’uso di pesticidi e riducendo al massimo le spese accessorie, e quelle per i dipendenti.
Ma il rischio più grosso è che i cittadini, siano essi clienti esperti, prudenti, cacciatori o pragmatici, si trovino a comprare prodotti diversificati solo nel marchio e nel marketing ma in realtà spesso identici, perché in un universo di grandi concentrazioni è più facile imporre un’omologazione verso il basso che verso l'alto. E perché gli orientamenti della produzione saranno in effetti sempre più dettati da attori che non conoscono i problemi dell’agricoltura o dell’industria di trasformazione, ma avranno come orizzonte d’azione quello dell’acquisto della fornitura al più basso costo possibile.
Seconda parte di una serie di tre post sui supermercati.
Qui la prima.