Se i vini fossero dei politici.....il Senato dei Vini

Nel Parlamento del vino chi sarebbe il Barolo? Ed il Sangiovese? Ironico abbinamento vino-politica.


In questi giorni caldi d'estate mettiamo da parte i post pseudo-seri e concediamoci un gioco di abbinamenti insoliti. Ma se un vino fosse un politico chi sarebbe?


Francesco Nuti sosteneva che "La mortadella è comunista, il salame socialista, il prosciutto crudo democristiano, la coppa liberale, la finocchiona è radicale. Il prosciutto cotto è fascista."
Vi è mai capitato, mentre bevete un vino, di pensare che possegga una sorta di inclinazione ideologica?
Mi piace credere che alla base di ogni alimento o vino ci sia una forte componente ideologica, che un prodotto in fondo abbia deciso che "deve venire" in quel modo particolare. 
Ogni gusto che vi comunica il vino non è casuale: è perché la vigna, il frutto e il vinificatore hanno voluto così.
Nel 2006, all'epoca dei Mondiali di Calcio, Gianni Mura cercò di abbinare ogni calciatore della nazionale italiana ad un vino, l'idea era carina, mi piacque, per ironica e leggera che potesse essere.
Beh proviamo ad immaginarlo con la politica.
Se l’Italia è per varietà il più grande parco ampelografico del mondo, possiamo immaginare il terroir come uno sterminato Senato, un’immensa aula dove ogni vitigno ha la sua ideologia.

Il più facile di tutti, una volta tanto, è il Pinot Nero. Chiunque abbia visto Sideways, e si sia sentito almeno una volta nella vita come Paul Giamatti, saprà di cosa parlo. Io non lo capisco il Pinot Nero, per me è difficile, per questo lo vedo come un anarchico. Rifiuta ogni tipo di procedura fissa, propaganda la rottura degli schemi, è incostante e malsopporta gli alleati elettorali, esige di essere vinificato in purezza. 

Il nebbiolo è un vecchio aristocratico sabaudo. Al referendum del '46 non avrebbe mai votato Repubblica. Non cambia idea da decenni, non segue le mode, rimane fedele ai suoi credo.

Il Sangiovese beh, faccio fatica a pensarlo diverso da un centrista. Un vecchio democristiano che piace a tutti, si allea con tutti, ha sempre la maggioranza. In Toscana si allea con i popolari del Chianti, in Umbria è scontroso e austero come un vecchio teodem rigido sulle posizioni. Nella Marche strizza l'occhio al Montepulciano, c'è da raccogliere voti allargando la base elettorale.

Il Merlot è il conformista per eccellenza. Difficile trovare una sua identità. Non litiga con nessuno, cade sempre in piedi.

Il Primitivo è un mastelliano. Non si capisce cosa voglia fare da grande, a seconda del luogo cambia nome e schieramento. Zinfandel o  Plavac Mali.

Avete presente la base del vecchio PCI? Chi per decenni si è fatto il mazzo alle Feste dell'Unità, tra manifesti politici e interminabili partite a scopone? E' il Lambrusco, che ha sempre fatto l'operaio, e a volte crede ancora che il PD possa fare qualcosa di sinistra.

Il Prosecco è un leghista seguace di Alberto da Giussano. Non ama la multirazzialità, va d'accordo solo con il Verdiso, che ne è il portaborse. Per essere Prosecco ci vuole il fisico, provate voi ad essere identificato da tutti i mass media come "il" vino con cui iniziare un pasto in buona parte del mondo.

L'Aglianico è borbonico. Monarchico come il nebbiolo, ma non lo capiamo quasi più. Abbiamo corso troppo, lui è rimasto indietro.

Il Muller Thurgau è di Forza Italia. Un vino nato in laboratorio per pure esigenze personali. Non è nè carne nè pesce, non suscita buona critica e sulle origini c'è molta confusione. Non piace a nessuno ma tutti lo bevono.

Il Syrah è di destra, uno di quelli che la svolta di Fiuggi proprio no. Nazionalista, patriottico, vota Fratelli d'Italia perchè non c'è di meglio.

Il Picolit, malato di acinellatura, di aborto spontaneo non può che essere un radicale. 

Il Presidente del Senato? Sauvignon Blanc in quota rosa.

E la democrazia italiana? Un novello. Senza pretese.

Credits: Andrea Scanzi, Elogio dell'invecchiamento