L'approvazione del CETA tra Italia e Canada mette a serio rischio le piccole realtà produttive italiane di qualità.
Il Parlamento Europeo ha approvato il trattato CETA di libero scambio tra Europa e Canada non ci sarà più futuro per le piccole produzioni locali di qualità.
Che
nel resto del mondo siano invidiosi del patrimonio enogastronomico
italiano è comprensibile, chi più di noi può vantare le meraviglie
agroalimentari che ogni giorno arrivano sui nostri piatti?
Che cerchino di arrecarci danno nascondendosi dietro il libero mercato è già un po' meno comprensibile.
Che poi il governo italiano sia d'accordo assume quasi i connotati di una assurdità. O di una fregatura.
Vi
ricordate il Ttip? Il famoso trattato tra Europa e Stati Uniti oggetto
di discussioni e di proteste? Beh esiste anche il fratellino minore, il
CETA, portato avanti in modo subdolo nel quasi totale silenzio sino alla
ratifica approvata in questi giorni al Parlamento Europeo. Qui il link alla notizia.
Cos'è il CETA
Il CETA
è un trattato di libero scambio tra Unione Europea e Canada, che è
stato recentemente ratificato dal Parlamento Europeo. L'obiettivo
dichiarato da chi ha scritto questo trattato è l'abolizione del 99%
circa dei dazi doganali nelle esportazioni tra queste due entità.
In soldoni significa che se prima i prodotti italiani in Canada e i prodotti canadesi in Italia avevano prezzi molto alti a causa di dazi doganali, oggi avranno prezzi molto più bassi. Messa così l'approvazione del CETA potrebbe sembrare una cosa positiva, in realtà non lo è affatto.
In soldoni significa che se prima i prodotti italiani in Canada e i prodotti canadesi in Italia avevano prezzi molto alti a causa di dazi doganali, oggi avranno prezzi molto più bassi. Messa così l'approvazione del CETA potrebbe sembrare una cosa positiva, in realtà non lo è affatto.
Purtroppo
le tante persone che hanno a cuore il futuro della agricoltura di
piccola scala, che sono sostenitori del km zero e delle produzioni
locali di qualità, sono state sconfitte. E sono tantissime, come dimostrano i 3,5 milioni di firme raccolte contro il CETA in pochi mesi.
Ancora
una volta si è deciso che il
"progresso", la "crescita" ed il benessere (solamente economico) fossero
l'obiettivo principale da perseguire, mettendo tutto il resto in
secondo piano. Quando il fine è arricchirsi, ogni mezzo è sempre giustificato, soprattutto se è la ricchezza di pochi sulle spalle (e sulla salute) di molti.
Siamo di fronte a una misura volta a promuovere, sostenere, difendere e
affermare esclusivamente gli interessi della grande industria, a scapito
sia dei cittadini che dei piccoli produttori.
La logica folle del guadagno nel breve periodo compromette ogni consistenza normativa.
Precauzione o prevenzione?
L'abbattimento
dei dazi porterà ad un incremento dell'export con conseguenze positive
per le aziende italiane. Questo è il mantra ripetuto da chi sostiene il
trattato.
Sempre l'aspetto economico prima di tutto.
Però si dimenticano di dirci che l'accordo è bilaterale, il che significa che anche per i prodotti canadesi sarà più facile arrivare nei nostri supermercati.
E
il Canada è lo stato che più di tutti basa la propria agricoltura su metodi intensivi, utilizza
OGM (85% delle produzioni) e che non ha il principio di precauzione come
base normativa, caposaldo importante invece in Italia, almeno
nell'alimentare. Nel caso non sia possibile determinare il rischio di un
particolare additivo, sostanza o trattamento alimentare, il ricorso a
questo principio permette di evitarne l'uso. E' la vecchia logica del "non sono sicuro non faccia male, quindi lo evito".
In Canada non funziona così. In Canada funziona che posso utilizzare
qualsiasi cosa sino a che non viene dimostrato che fa male, DOPO, e solo
DOPO, corro ai ripari.
Per questo motivo in Canada abbiamo il bestiame alimentato con ormoni, il pollame trattato col cloro, l'agricoltura OGM. E li avremo anche sulla nostra tavola ora che le esportazioni sono libere.
San Marzano DOP dell'Ontario
Il CETA
ha infine un devastante impatto sulle piccole realtà che producono
marchi tutelati. Degli oltre 200 prodotti DOP, IGP e STG italiani solamente 36
sono riconosciuti da questo trattato. Ovviamente quelli esportati in
grande quantità dalle multinazionali. Così ci dicono che si fermerà la
contraffazione. In effetti è vero, per ovviare al fatto che la vendita
del Parmigiano Reggiano era bloccata dal "Parmesan" sugli
scaffali canadesi, si permette di chiamare tutto Parmigiano Reggiano,
basta che non mettano la bandiera tricolore. Singolare approccio.
Alla
faccia delle interazioni tra suolo, clima e tradizionalità che sono
alla base della riuscita di un prodotto. Perchè puoi anche legalizzare
la coltivazione del San Marzano DOP in una serra in Ontario, ma non sarà
mai come quello che cresce in Campania. La novità è che oggi possono
chiamarlo San Marzano, basta che non mettano la foto del Vesuvio....
Il
caso potrebbe accadere anche al contrario. La carne canadese costa meno
della metà della carne italiana, questo a causa di liberalizzazioni
nell'allevamento ultra-intensivo che in Canada sono permesse, in Italia
no. Il trattato, almeno in prima istanza, non elimina le restrizioni italiane, ma toglie i dazi alla carne canadese, che così arriverebbe ai supermercati con prezzi stracciati rispetto a quella prodotta secondo gli standard italiani. E purtroppo dati statistici dimostrano che la maggioranza delle famiglie guarda al prezzo
come primo fattore nell'acquisto di un prodotto alimentare.
Quindi cosa si sta chiedendo ai piccoli allevatori per rimanere competitivi?
Di tagliare i costi in termini di qualità e remunerazione del lavoro,
di benessere animale? C'è futuro per loro in questa giostra? No.
Gli
accordi internazionali devono servire a migliorare le condizioni di chi
sta peggio, non ad innescare una guerra al ribasso che distruggerà chi
cerca di mantenere qualità elevate.
Il CETA fa esclusivamente il gioco della grande industria e
della speculazione finanziaria, che peraltro potrà anche citare in
giudizio e chiedere i danni a quei governi che attraverso misure
legislative come l’imposizione di standard ambientali o produttivi più
stringenti, minassero la libertà di azione delle multinazionali. E’
questo il futuro che stiamo prospettando per l’agricoltura?