Seconda tappa del viaggio in Bosnia. Mostar
Mostar e Senad
"Senad
come?" questo è ciò che chiedevano quando ti presentavi in un posto.
Perchè dal cognome si può capire di che etnia sei. Perchè se il nemico
non sa il cognome non sa chi sei, non sa se deve spararti o no. Questa è
stata la guerra a Mostar.
Mostar divisa
Tira fuori da un cassetto un vecchio ritaglio di giornale, datato 1994. E' di un giornale bosniaco che ha pubblicato la lista di quelli che, per sfuggire ai serbi, hanno cambiato nome a Mostar. Sono spariti i Mustafà, gli Ahmen, le Fatima. Sono comparsi i Darko, i Luka, le Kata.
"A Mostar era fondamentale sapere bene dove fossero i confini" prosegue Senad e apre
una mappa turistica, di oggi, della città. Mi indica i quartieri croati e
i quartieri musulmani. Come tanti in quel periodo anche suo padre si
era procurato due targhe per l'auto, una con il giglio bosniaco e una
con lo scacchiere croato. Quando doveva passare il confine si fermava
nascosto e cambiava la targa all'auto. Era l'unico modo per
sopravvivere.
E
dire che Mostar era la città più cosmopolita e unita di tutta la
ex-Jugoslavia, grazie alle fabbriche dell'aeronautica che portavano
lavoro e prosperità alla popolazione, di ogni etnia.
Il
racconto prosegue: "Il Vecchio Boulevard era la linea del fuoco, dove i
combattimenti erano più selvaggi. La strada non era larga più di 10
metri ma i francobolli che si acquistavano da una parte erano diversi da
quelli che c'era dall'altra; i dinari bosniaci potevi usarli nei negozi
del marciapiede Est, le kune croate in quelli del marciapiede Ovest. I
marchi tedeschi andavano bene ovunque". Già allora.....
Se dovevi telefonare alla capitale Zagabria, dai quartieri ovest era una interurbana, dai quartieri est una internazionale.
Era necessario avere ottima memoria a Mostar a quei tempi.
Prende
la parola il padre, la madre di Senad non l'ho mai vista, mi astengo
dal fare domande, ho paura, la pulizia di genere mirata ad uccidere le
donne per non far replicare le etnie sgradite è stata molto in voga in
queste zone. Mi racconta un dettaglio che il figlio non può sapere,
perchè si riferisce al periodo della sua frequenza a scuola, nei primi
anni dopo la guerra. "Senad aveva un compagno di scuola musulmano. La
famiglia viveva ancora a Ovest, assieme a loro. Le maestre avevano
cambiato gli orari di ingresso e uscita per lui, la madre nascondeva la
cartella per non mostrare che stesse andando a scuola".
Mostar oggi
Oggi
forse queste divisioni si sono un po' attutite, ma nelle radici
dell'animo umano covano continuamente antichi rancori. Nella zona ovest
sono comparsi negozi e locali dei grandi marchi occidentali. I Bingo si
alternano ai Mc Donald's. I cattolici hanno costruito una nuova
cattedrale, una orribile costruzione di blocchi di cemento armato grezzo
con un campanile altissimo, al fine di essere più alto del minareto
della moschea principale. E a Est? In quello che era un islam
estremamente tollerante sono iniziati a comparire tappeti con
scimitarre. Gli iraniani hanno aperto un consolato nella città antica.
Il velo non si era mai visto a Mostar: adesso cominciano a indossarlo le
donne delle famiglie più povere. Nei bar di Mostar Est si dice che
uomini con la lunga barba nera, arrivati dall’Arabia Saudita, promettono
centocinquanta marchi bosniaci al mese (circa la metà di uno stipendio
da operaio) a chi si copre il volto con il velo.
In
compenso a Ovest di Mostar la Madonna, sotto l’ombra dei sai
francescani, continua ogni giorno ad apparire a Medjugorje, venti
chilometri da Mostar, e se ne frega dell'ombelico delle intolleranze del
mondo.
- Fine parte seconda -
Prima parte