Viaggio in Bosnia: Trebinje prima tappa

Prima tappa del viaggio in Bosnia dal confine a Trebinje.
Viaggio in Bosnia nei luoghi della guerra

Un viaggio in Bosnia è una esperienza riflessiva, che inizia quando varchi il confine, e non termina mai. 
Ecco la prima di quattro tappe: dal confine a Trebinje.

Due frontiere

"Nema Problema". Con queste due parole il doganiere della frontiera Croato-Bosniaca termina l'ispezione completa della mia auto e fa un cenno al collega. La sbarra si alza lentamente, sono le 9 di una fresca mattina di metà settembre e il piccolo posto di frontiera sulla M20, a nord di Dubrovnik, è pressochè deserto. Inizia qui il viaggio in Bosnia, un percorso nel ventre del più grande miscuglio di etnie, federazioni e autorità vere o presunte di tutta Europa e forse del Mondo intero.
Ho deciso di intraprendere questo viaggio in Bosnia perchè voglio rendermi conto di persona, tentare di capire, come sia stato possibile che persone abituate ad essere amichevoli vicini di casa, con i figli che frequentano la stessa scuola, con le mogli che prendono il caffè insieme possano imbracciare i fucili e spararsi da una casa all'altra. La guerra in Bosnia ha avuto una caratteristica che l'ha resa purtroppo unica: mai prima di allora si era vista così tanta crudeltà non solo tra popoli, ma tra famiglie che sino a pochi mesi prima vivevano a stretto contatto e improvvisamente infuocarono. E i segni si notano ancora oggi, a distanza di 20 anni.
La strada si snoda tortuosa, non sono più di una trentina i chilometri che mi separano da Trebinje, il primo paese che incontraremo, ma l'auto procede lenta. Le colline sono brulle, solo qualche arbusto ai lati della strada. L'Erzegovina è una regione calda e arida, d'estate si toccano anche i 40°C e piove poco e oggi, una mattina di metà settembre, il termometro si avvicina già ai 30°C.
Ho passato il confine da un quarto d'ora quando incontro un secondo posto di blocco con una pattuglia di poliziotti che fermano l'auto e mi chiedono i documenti. Vogliono il passaporto, non la carta d'identità. Il poliziotto più alto acconsente a lasciarmi passare, quasi infastidito dal fatto che tutto sia in regola. Ai lati della strada sono appesi ai lampioni grosse bandiere verticali tricolori blu, bianche e rosse ed un cartello annuncia in inglese ed in cirillico che siano appena entrati nella Repubblica Serba di Bosnia. 
Repubblica Serba di Bosnia
Cartello che indica l'ingresso nella Srpska Republika
Ecco un primo esempio di cosa ha prodotto la guerra in Bosnia. Dagli accordi di Dayton la Bosnia è divisa in due entità, la Federazione di Bosnia ed Erzegovina e la Repubblica Serba di Bosnia. I confini sono stati tracciati in base alle etnie presenti nei territori. Lo statuto non prevede che ci siano frontiere vere o presunte tra le due entità, ma i serbi se la sono costruita loro, a dimostrazione ulteriore che 5 anni di guerra e migliaia di morti hanno accentuato e non diminuito le divisioni. E una bella fetta di ringraziamenti occorre indirizzarla anche ai paesi europei e agli USA che hanno contribuito a creare questo scempio. La Repubblica Serba di Bosnia non ha personalità giuridica internazionale, ma esiste, ha bandiera e moneta propria, ha un suo parlamento, un presidente ed un capo di governo. Possiede una propria polizia, un proprio sistema postale ovviamente tutto a maggioranza serba. Stringe accordi di cooperazione con la Repubblica Serba, che però la Federazione di Bosnia ed Erzegovina, l'altra entità, non può sfruttare. Elegge i suoi rappresentati nel governo nazionale.
Una cosa che imparerò durante il viaggio è che in questa entità la glorificazione dei crimini di guerra commessi è qualcosa di ancora troppo ricorrente.
Manifesto di Mladic in Repubblica Serba di Bosnia
Qui Ratko Mladic è un eroe

 

Trebinje

Arrivo a Trebinje, una bella cittadina, costruita lungo il corso del fiume Trebisnjica. La piazzetta alberata brulica di gente, è giorno del mercato e i contadini portano sulle bancarelle il frutto della loro fatica quotidiana. Le persone di Dubrovnik però non vengono più a comprare qui, come invece accadeva prima del 1991. Un'altra eredità del conflitto. Sono venuto a Trebinje per rendere omaggio ad un ragazzo, Srdan Aleksic, che ebbe la grande colpa di pensare che un amico, è prima di tutto un amico, e solo successivamente un musulmano, un serbo o un croato. Credeva che gli uomini si distinguessero per il rispetto, per la bontà e per le conoscenze, non per l'etnia di nascita. Era il 27 gennaio 1993, paramilitari della Repubblica Srpska, cetnici, piombarono nel mercato di Trebinje controllando i documenti di tutti i  venditori. Trovarono Alen Glavovic, uno dei pochi musulmani rimasti in città, che vendeva cianfrusaglie. Quando iniziarono a picchiare il suo amico musulmano, Srdan non ce la fece a rimanere immobile e si frappose tra lui ed i cetnici. Venne ridotto in fin di vita, alla luce del sole, a pochi metri dalla stazione ferroviaria di Trebinje. Sarebbe morto 7 giorni dopo in ospedale.
Cerco una traccia di questo ragazzo nella sua città natale, ma non ce ne sono. Siamo in Repubblica Serba di Bosnia, occorre ricordarlo. Ad oggi solamente Sarajevo ha dedicato una via al ragazzo, non ci sono celebrazioni in terra di serbi.
Trebinje è famosa anche per il ponte vecchio (Arnasalgic most) una delle glorie locali anche se fu costruito dagli Ottomani nel 1574. Nel 1967 venne smontato e rimontato pezzo per pezzo per far posto ad una diga. L'essere stato costruito dai musulmani fa sì che non ci siano indicazioni per trovarlo. Ci metto un'ora, il traffico di Trebinje è infernale, ma finalmente lo vedo, ai margini della città in una zona desolata. Il bel ponte continua a osservare lo scorrere dell’acqua, in disparte da tutto, anche degli occhi dei pochi turisti. Forse sta meglio così, in fondo.

- Fine prima parte -