Hanno distrutto il latte che beviamo. E il latte crudo?

Il latte confezionato oggi è una bevanda dal poco sapore prodotto sulla pelle delle mucche. Il latte crudo è una risposta.
Bere latte crudo fa bene

Il latte crudo sarebbe un alimento vivo e integro estremamente saporito. Ci costringono a bere un sottoprodotto industriale che non sa di nulla, vediamo perchè.

A vantaggio delle multinazionali

Negli anni '60 Enzo Iannacci cantava di amici che si fermavano a parlare di calcio nelle latterie, che allora erano luoghi di aggregazione sociale, dove potevi consumare latte crudo buono, panna fatta a dovere e burro saporito.
Era latte prodotto da vacche che facevano, naturalmente, 15-20 litri al giorno; oggi arrivano a produrne oltre 50. Perchè i "miglioratori" delle vacche si sono dati molto da fare negli ultimi decenni. 
Dalla frisona olandese, vacca molto vocata alla produzione di latte, sono state selezionate femmine e riproduttori con il solo obiettivo di aumentare la produzione. Per far più latte devono mangiare di più, ed essere più grandi. La taglia media è passata dai 450 Kg ai 700 Kg attuali; è aumentato il rumine e le mammelle e si è ridotto lo spazio per l'utero. I parti sono più complicati e la mortalità è superiore. La vita media oggi si attesta sui 6-7 anni contro i 15 di trent'anni fa. Una vacca da latte non partorisce più di 2-3 volte in una vita, la metà di come faceva negli anni '70.
Per sostenere gli attuali ritmi di mungitura una bovina mangia 22 Kg di materia secca (pari a 4 quintali di erba) e beve 130 litri di acqua al giorno. In questo modo il latte si demineralizza, diventa povero come il loro organismo.
In qualche modo però si riesce ad ottenere un prodotto con un tenore di grasso intorno al 3.7-3.8%. Però la società spinge verso i prodotti scremati, quindi dove va il grasso? In quelle centinaia di preparazioni alimentari che prevedono la panna. Il latte che acquistiamo è quindi una specie di sottoprodotto, fatto con quello che avanza da altre lavorazioni.
Quello che però non è sottovalutato è il costo: un prodotto UHT costa qualcosa meno di 0.90 al litro, e deve subire ben due sterilizzazioni se non è di origine italiana (tanto vale mangiarsi il cartone che lo contiene, forse ha più sapore). Il latte fresco costa mediamente da 1,30 a 1,80€ al litro sino ai 2,5€ di alcuni prodotti speciali (alta digeribilità, arricchiti di vitamine, omega3, ecc...). Al produttore cosa va? Sempre 39 centesimi al litro. Quindi cosa può fare l'allevatore? Produrre di più e si ricomincia il giro.

L' "inganno" dell'Alta Qualità

E' vero, esistono i prodotti Alta Qualità. Ma su cosa si basa questa definizione? La legge 169/89, creata su pressione delle grandi aziende produttrici, basa la definizione di Alta Qualità sulla conta delle cellule somatiche, dei grassi, delle proteine e della carica batterica. Criteri assolutamente non qualitativi. Non si discute che l'igiene sia fondamentale, ma spacciare igiene per qualità odora molto di "trucco" commerciale.
Già dagli anni '80 è chiaro che le qualità del latte hanno poco a che fare con grassi e proteine, ma dipendono da altre molecole (terpeni, tocoferoli, acido linoleico coniugato) che hanno azione benefica per l'organismo. 
L'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAM) si sta battendo invano da diversi anni per rivedere i parametri di classificazione del latte vaccino. Non voglio essere troppo tecnico e annoiante, perciò nomino solamente come parametro fondamentale il Gpa (grado di protezione antiossidante) che è un indice della quantità di antiossidanti presenti nel latte e del colesterolo. Più è alto e più "salutare" è il latte. E' stato dimostrato che esso dipende enormemente dalle erbe mangiate e da quanta erba fresca mangia la mucca. Una mucca allevata al pascolo fornisce un latte con 5 volte il valore di Gpa di una mucca da allevamento intensivo in stalloni.
I trattamenti termici fanno precipitare questo valore, perciò meno ne vengono subiti dal latte e meglio sarà.

Pamela Manzi, ricercatrice del CREA, ed i suoi collaboratori hanno determinato questo parametro in una batteria di prodotti Alta Qualità, Microfiltrati e UHT. I risultati sono stati sorprendenti: la media di Gpa dei prodotti alta qualità è stata 5,28, microfiltrato 6,35 e UHT 6,85. Come è possibile se ho appena scritto che i trattamenti termici abbattono il valore?
Perchè i prodotti UHT sono fatti con latte che spesso viene dall'estero (frequentemente Austria), dove gli allevamenti sono meno intensivi e, soprattutto d'estate, le mucche possono pascolare fuori all'aperto. Quindi i livelli di Gpa di partenza sono talmente più alti degli "Alta Qualità" nostrani che anche se depressi dalle pastorizzazioni rimangono comunque superiori. Sono, a conti fatti, più "di qualità" dell'"Alta Qualità". 
Potremmo dire che, dal punto di vista della salute è risultato migliore un UHT di provenienza austriaca che un Alta Qualità di una grande azienda del nord Italia.

Latte crudo?

Diventa quindi essenziale porre attenzione alla filiera produttiva, al luogo e all'allevamento da dove proviene il latte. Non sempre questo è possibile. Una alternativa è rappresentata dal latte crudo. Perchè quel latte confezionato dalla multinazionale, nato povero di gusto, profumo ed elementi nutritivi, lo abbiamo pastorizzato o microfiltrato, scremato, arricchito con Omega3, con calcio, batteri, vitamine… Abbiamo inquinato, danneggiato, impoverito, creato malessere negli animali per metterlo in una bottiglia e poterlo comprare.
Non ci vogliamo nascondere dietro ad un dito, il latte crudo potrebbe avere potenzialmente maggiori rischi del latte pastorizzato.
Occorre però valutare due aspetti fondamentali.
Il primo è il fatto che viviamo in una società che sta cercando di farci credere che esiste il rischio zero. Mai cosa fu più falsa. Il rischio zero non esiste. Non esiste nel latte crudo come in nessun altro alimento, è semplicemente una condizione fisicamente irraggiungibile.
I batteri che possono essere presenti nel latte sono presenti anche in tanti altri alimenti. I casi di infezione derivanti da consumo di latte crudo sono inferiori ai casi di infezione, per gli stessi batteri, derivanti dal consumo di carne al sangue, uova, pesce e insaccati, che però non vengono demonizzati dall'opinione pubblica.
Il secondo aspetto è che non è il latte crudo in sè a creare problemi, in quanto esce dalla mammella della mucca perfettamente sterile, quanto piuttosto la scarsa attenzione che da alcuni produttori viene posta nei passaggi successivi. Se i contenitori non sono puliti, se le temperature di stoccaggio sono tenute troppo alte (per risparmiare), se nei distributori non viene cambiato ogni giorno....E' l'operato umano che rende pericoloso il latte crudo, non l'alimento in sè. 
Pastorizzare il latte, di fatto, "consente" di essere più tolleranti in fase di igiene durante la produzione. Tanto passerà la pastorizzazione a sistemare le cose.
 
L'importante è quindi non creare allarmismi, ma avere sempre una razionale considerazione del rischio che esiste per tutti gli alimenti, scegliendo a dovere da chi si compra e accettando di pagare il prezzo giusto.

Fonti consultate per il post:

- "Nel latte crudo più qualità che nel latte alimentare" Mastitis Council italia, l'Informatore Agrario 15/2007
I pericoli del latte crudo, Slow Food
- "Perché non sa di nulla il latte che beviamo", Carlo Petrini
- Il buon latte crudo di una volta, Dario Bressanini