Il caseificio turnario di Peio dove si produce Casolet è l'unica realtà del suo genere rimasta in Trentino.
Il caseificio turnario di Peio Paese è l'unico rimasto in tutto il Trentino. Tra i prodotti lavorati in loco troviamo il Casolet, punto di forza della Val di Sole.
L'ultimo caseificio turnario
Imboccando la provinciale della Val di Peio ci si ritrova attorniati da cime che superano i 3000 metri di altezza. In fondo, dove la strada termina, a mezza costa del Monte Vioz, gigante da 3600m, si trova il paese di Peio con le sue peculiarità: il cimitero austroungarico e il caseificio turnario.
La
tradizione dei caseifici turnari era un tempo diffusa in tutto il
Trentino. Era un modo di gestione del latte facile, onesto ed economico,
svincolato dal denaro, adatto alla tradizione casearia di quelle zone
fatte di numerosi piccoli allevatori sparsi nella valle.
L’istituzione della latteria turnaria infatti ricalcava e formalizzava
l’usanza antica di mettere insieme il latte di più famiglie e
caseificare collettivamente. il socio manteneva la proprietà del prodotto finale e lo
commercializzava in proprio. La settimana era scandita attribuendo
ciascuna giornata di lavorazione a un determinato socio in funzione
della quantità di latte conferita. Coloro che portavano una quantità
maggiore di latte avevano diritto a più giornate, magari stabilite in
modo fisso sul calendario settimanale, gli altri le giornate di
lavorazione rimanenti. Le forme una volta asciugate venivano ritirate
dal socio che provvedeva a stagionarle presso la propria struttura e a
commercializzarle.
Con
l'andare del tempo, e la possibilità di allargare il commercio dei
prodotti, i caseifici turnari sono stati soppiantati dai caseifici
sociali, dove ciascuno socio non riceve più forme di prodotto ma
corrispettivi in denaro, in proporzione al latte conferito.
In
tutto il Trentino oggi rimane solamente il caseificio turnario di Peio
ad utilizzare ancora il vecchio sistema, dove 4 soci per un totale di 40
vacche circa si dividono le produzioni di formaggio, Casolet su tutti.
Le vasche di rame per la caseificazione |
Il
caseificio è oggi composto da 3 locali, uno dove si trovano le 3
caldaie in rame, uno dove le vasche d'acqua servono all'affioramento
della panna per fare il burro, ed una terza dove contenitori di salamoia
iniziano la stagionatura delle forme.
Le forme di Casolet in salamoia |
Nel
piccolo punto vendita si possono acquistare i formaggi della zona
"Pegaes", semigrasso vaccino a diverse stagionature e "Formagel de
Covel" prodotto in malga da latte vaccino con stagionature di 5 mesi. Il
burro viene fatto dentro a zangole di acciaio e formato nel legno.
Ma il vero Re rimane il Casolet.
Il punto vendita del Caseificio |
Il Casolet
"Il Casolet è un cacio di montagna, a latte crudo intero e pasta molle", così recita il Presidio Slow Food, prodotto nelle valli di Peio, Rabbi e Sole. E il latte crudo è la sua forza principale (leggi qui perchè è importante consumare sano latte crudo). Un tempo si produceva solo in autunno, quando le mandrie erano già scese dagli alpeggi, le vacche si apprestavano all’asciutta e le mungiture giornaliere erano scarse: era il formaggio di casa per eccellenza, piccolo, versatile, da consumare prevalentemente in famiglia nei mesi invernali. E' talmente artigianale che ad oggi non esiste uno standard di peso e dimensioni e ogni caseificio lavora a modo suo.
La
lavorazione di questo formaggio è molto semplice: il latte di una o due
mungiture, rigorosamente intero, viene scaldato a 35°C e inoculato con
l'innesto e addizionato di caglio bovino. Dopo 20 minuti si rompe la
cagliata, si forma la formaggella che viene rivoltata diverse volte
nelle 24 ore successive, quindi passa 6 ore in salamoia e va in
stagionatura. Alcuni caseifici più grandi in valle adottano il metodo
"moderno" che prevede latte pastorizzato e stagionature dai 20 ai 30
giorni; a Peio si fa tutto a regola d'arte, e le stagionature del
prodotto possono arrivare a 3 o 4 mesi.
Forma di Casolet Presidio Slow Food |
La
pasta del Casolet è piuttosto grassa e vira verso il giallo paglierino molto
chiaro; l'occhiatura è piccola e il profumo di note erbacee la fa da
padrone. In cucina si presenta estremamente delicato, prestandosi bene
ai ripieni di pasta, alla polenta concia, alla mantecatura di risotti e
ai gnocchi di pane. Io sono tradizionalista, mi piace gustarmelo a fine
pasto, con un tocco di marmellata di mirtilli selvatici.