Le noste abitudini alimentari non sono sostenibili

Le nostre abitudini alimentari non sono più sostenibili. Dobbiamo cambiare educazione alimentare, basta poco.
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Le nostre abitudini alimentari non sono più sostenibili. Stiamo causando la scomparsa della biodiversità agricola e animale. Siamo ancora in tempo per rimediare prima che sia troppo tardi.


Maleducazione alimentare

Che lo stile di vita che stiamo tenendo non sia sostenibile è ormai un dato comprovato.
E' giunto anche il momento di chiederci una volta per tutte quali sono i danni che stiamo provocando con le nostre abitudini alimentari, essendo ben consci che la responsabilità è di tutti gli attori della filiera. Noi consumatori non ne siamo esclusi, anzi abbiamo un ruolo primario poichè deteniamo il grande potere di indirizzare il mercato. 

Se un prodotto non viene acquistato le aziende non lo produrranno.
Il concetto che più di tutti è oggi in pericolo è quello della "biodiversità".
Le nostre abitudini di consumo, sempre più standardizzate ed omologate, stanno minando in modo irrevocabile la varietà degli ecosistemi naturali. 

Senza la diversità la natura è incapace di adattarsi ai cambiamenti naturali, e se i sistemi viventi non si adattano, non sopravvivono.

Alla base di questa maleducazione alimentare c'è un concetto di cui ci siamo appropriati, che viene promosso come l'essenza del benessere e del progresso, ma  che in realtà ci sta facendo regredire:
1. Ciò che desidero deve essere disponibile sempre.
Qui si gioca il nocciolo di tutto.
Ed è qualcosa di spaventosamente arrogante, pretenzioso, ingiustificato e falso.
Siamo abituati a trovare tutto sempre o ovunque, dimenticandoci che la natura non produce in base alle esigenze del mercato, ma in base alle sue esigenze.

 

Variare il consumo è la soluzione

Prendiamo ad esempio il mercato del pesce.
Lo sfruttamento degli stock ittici è giunto ad un punto di non ritorno. In Italia il 70% circa del pesce consumato proviene dal mercato internazionale e solo il 30% di ciò che mangiamo è prodotto locale. 

Perchè siamo arrivati a questo punto?
Perchè mangiamo troppo pesce? Assolutamente NO, anzi ne mangiano persino poco.
Però vogliamo mangiare SEMPRE LO STESSO PESCE.
Solo nel mar mediterraneo ci sono 189 specie ittiche commestibili, ma il 50% del consumo di pesce italiano è composto da sole 5 specie (cozze, alici, orata, merluzzo e trota salmonata). 

Sarebbe sufficiente spostare l'attenzione verso altri pesci meno sfruttati e spesso più economici per garantire in brevissimo tempo l'autosufficienza del pescato.
Nell'Atlantico Nord-orientale basterebbe riportare alla sostenibilità un terzo degli stock di pesca sfruttati per ridurre del 50% la necessità di importare pesce dal Pacifico.
Ma tutto ciò non è possibile se non impariamo che i pesci, come tutti gli esseri umani, hanno periodi in cui si devono riprodurre, e che se li peschiamo intensivamente sempre non si riprodurranno mai.
Così capiremmo che l'orata, la spigola e la sogliola possiamo consumarli in tutta tranquillità nel periodo estivo, in quanto amano riprodursi con temperature rigide. 

Ma in inverno è meglio lasciarle in pace e consumare magari del polpo, della ricciola, della rana pescatrice o delle seppie.

 

Carne intensiva

Lo stesso discorso lo possiamo fare anche per la carne, con l'aggravante che la carne è già di per sè molto meno sostenibile del pesce.
L'associazione Essere Animali ha svolto la più completa indagine mai eseguita in Italia sugli allevamenti animali. Si tratta di una indagine fatta di clandestinità, appostamenti notturni e inviati sotto copertura (perchè è pericoloso portare alla luce queste cifre che nessuno vuole vedere). 

I risultati sono sorprendenti.
L'85% dei polli è allevato intensivamente in capannoni senza mai vedere la luce naturale, il 95% dei suini proviene da grandi allevamenti intensivi dove gli animali sono stipati in gabbie e quasi il 100% delle mucche da latte non vede mai il pascolo.
Fermo restando il fatto che ridurre il consumo di carne non può che portare effetti positivi, fisici ed ambientali, non sto facendo propaganda al veganesimo. 

Però dobbiamo renderci conto che si può mangiare carne in modo più sostenibile rispetto a quanto non facciamo. 
Basterebbe capire ad esempio che un bovino non è fatto solo di "bistecche" o un pollo non è fatto di solo petto, per diminuire esponenzialmente l'impatto del nostro consumo.
Dobbiamo cambiare la nostra educazione alimentare. 

Imparare a valorizzare tutti i tagli dell'animale garantirebbe la sostenibilità del nostro consumo, poichè è palese che il sistema attuale non lo è e prima o poi (molto più prima che poi) il giocattolo si romperà.